
Ho trovato molto interessante e importante l’iniziativa proposta dal WWF, il Self Tour Plastic Free.
In un momento in cui è molto complesso organizzare eventi di gruppo per le pulizie delle spiagge può essere una buona alternativa.
Per conoscere i dettagli dell’iniziativa ecco il link
Perché è così importante rimuovere più plastica possibile?
I motivi sono noti, c’è una strage di animali in atto, marini e non.
Scambiano per cibo pezzi di plastica, come nel caso delle buste che sembrano meduse, oppure li ingeriscono per errore. O ancora finiscono per rimanerci incastrati con tutte le conseguenze del caso.
Ma c’è un pericolo se possibile ancora maggiore, che stiamo cominciando ora a comprendere. Quello delle microplastiche…
Cosa sono le microplastiche e perché sono così pericolose
Le micro e nanoplastiche sono frammenti di plastica di piccole e piccolissime dimensioni, tra un micron e un millimetro le prime e tra un nanometro e un micron le seconde.
Sono dunque praticamente invisibili ad occhio nudo e disperse in mare diventano delle vere e proprie “spugne” di inquinanti, che raggiungono sia noi che gli altri animali.
Ftalati, metalli pesanti, inquinanti organici persistenti, interferenti endocrini…
Quasi l’80% delle sostanze definite inquinanti prioritari dall’agenzia per la protezione ambientale americana è legata ai rifiuti di plastica in mare.
I contaminanti possono essere concentrati nella plastica più di un milione di volte rispetto alla concentrazione in acqua e dallo stomaco degli animali marini a sangue caldo passano rapidamente ai tessuti di deposito come quello adiposo.
Negli animali selvatici sono già stati riscontrate disfunzioni endocrine come quelle tiroidee, infertilità o ipofertilità, demascolinizzazione, problemi di schiusa delle uova, disturbi metabolici e squilibri immunitari.
Da dove arrivano le microplastiche?
Da molte fonti in realtà e non solo, come potremmo pensare, dai rifiuti abbandonati o scaricati in mare.
Sono contenute in molti dentifrici, esfolianti e prodotti di bellezza, detersivi.
Si formano per degradazione di utensili da cucina, buste e bottiglie di plastica.
Uno studio inglese del 2016 ha dimostrato il rilascio di 700.000 fibre sintetiche in seguito al lavaggio di 6kg di capi in acrilico.
Anche gli pneumatici che si usurano rilasciano microplastiche…
Per questo le ritroviamo nel nostro sangue, nelle urine, nel latte materno, nel liquido amniotico.
Almeno quelle che riusciamo a valutare perché sono oltre 5.000 i polimeri in commercio e i sistemi di rilevamento molto complessi, soprattutto per le nanoplastiche.
Abbiamo ritenuto per decenni che la plastica fosse un materiale inerte ma non è così.
In più gli interferenti endocrini possono avere effetti sugli organismi biologici (soprattutto in fasi delicatissime come gravidanza e accrescimento).
Chi ama definire “acqua fresca” l’interazione tra sostanze altamente diluite e i sistemi biologici consideri che anche a bassissime dosi, basta 1 goccia in un quantitativo d’acqua pari a quella contenuta in 20 piscine olimpioniche, gli interferenti provocano i loro effetti dannosi.
E se pensiamo ancora che la fonte di intossicazione siano solo gli organismi marini ci sbagliamo: vegetali, frutta, ortaggi sono ormai contaminati perché questi minuscoli frammenti di plastica (soprattutto polietilene e polistirolo) entrano anche nelle radici delle piante, come dimostra lo studio pubblicato su Nature Nanotechnology.
Un altro pericolo legato alle microplastiche
Come se non fosse abbastanza, cominciamo a capire che micro e nanoplastiche sono anche lo shuttle di virus e batteri, che riescono così ad aggregarsi e proteggersi dall’azione dei raggi ultravioletti.
E.coli, pseudomonas, aeromonas, campylobacter, acquabacterium sono solo alcuni dei microrganismi in grado di sfruttare questa modalità di spostamento su lunghe distanze.
Pensiamo a cosa accade quando le sostanze plastiche vengono a contatto con gli scarichi industriali, agricoli e ospedalieri contaminati da antibiotici: stiamo fornendo su un piatto d’argento a questi microscopici (ed evoluti) organismi la capacità di diventare sempre più resistenti agli antimicrobici.
Cosa possiamo fare?
Apparentemente poco, eppure come cittadini e consumatori possiamo compiere delle scelte:
- Possiamo scegliere di limitare l’utilizzo di plastica nella nostra vita (ricordando che le azioni che compiamo quotidianamente sono quelle con maggiore impatto sul pianeta)
- Evitare i prodotti usa e getta tutte le volte che si può
- Fare attenzione ai detersivi per il bucato e per la casa da utilizzare
- Scegliere con cura dentifrici, cosmetici e prodotti per la cura della persona
- Evitare i giocattoli e gli utensili di plastica quanto più possibile
- Decidere di destinare le nostre risorse a produttori ed aziende consapevoli e rispettosi
E soprattutto tutte le volte in cui possiamo far sentire la nostra voce e prendere posizione abbiamo il dovere di farlo.
Per noi, per gli altri animali e per la Terra.