
Hans Heinrich Reckeweg, giovane medico tedesco appassionato e caparbio nella Berlino degli anni trenta, si mette in testa un obbiettivo ambizioso: “…Un giorno costruirò un ponte tra l’Omeopatia e l’Allopatia”. Nel 1952 quel giorno arriva e nasce quella che lui stesso chiama Omotossicologia, con la prospettiva di una sintesi della medicina, un’integrazione tra l’omeopatia di Hahnemann e le più moderne acquisizioni di fisiopatologia e diagnostica.
La sua visione biologica del processo che conduce alla guarigione, il ripristino delle capacità metaboliche degli organismi viventi, enzimatiche, immunologiche e della funzionalità degli organi emuntori, lo studio della vicariazione regressiva e la costruzione della Tavola delle Omotossicosi forniscono ottimi strumenti che possono rendere più semplice e immediato l’utilizzo dei rimedi e di altri presidi molto interessanti, fornendo un’alternativa ad un approccio medico prettamente allopatico. Nella mia storia personale e nel mio percorso come medico la formazione omotossicologica mi ha condotta ad un percorso inverso rispetto a quello auspicato da Reckeweg: ho intrapreso uno studio a ritroso fino all’omeopatia, io quel ponte l’ho percorso al contrario. Del resto, senza l’omeopatia di Hahnemann, l’omotossicologia di Reckeweg non esisterebbe…